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Orfanotrofio di Djuma

Djuma si trova sul fiume Kwilu, lo stesso che passa da Kikwit. Sorge più a nord, a 200 km circa da Kikwit.
Djuma è nata e si è sviluppata negli anni trenta, intorno alla chiesa, ai due conventi dei Gesuiti e delle suore di S.Marie de Namur, e all'ospedale.

L'orfanotrofio è nato intorno agli anni sessanta grazie a una suora ostetrica, Suor Godelive,che ha cominciato a tenere con sè e ad occuparsi di quei neonati la cui mamma moriva durante il parto e che sarebbero pure morti per mancanza di nutrimento.

Rosanna, la presidente dell'associazione “Solidarietà con i bambini del Congo RDC” ha visitato, per la prima volta, l'orfanotrofio nell'estate del 1990.
Nella primavera di quell'anno la suor Godelive, era morta di cancro. Donna dal cuore enorme trovava superfluo tenere un'amministrazione cartacea per cui, suor Christiane che era stata fatta venire dal Ruanda per rimpiazzarla, si era trovata davanti a una situazione complessa, difficile da gestire. Doveva sfamare 360 bambini, e non conosceva i canali grazie ai quali la suor Godelive riceveva gli aiuti.
Suor Christiane era angosciata. La nostra associazione era appena nata, ma noi le assicurammo tutto il nostro aiuto.
Innanzi tutto, l'energica suora ricercò l'origine di tutti quei bambini, il villaggio da cui provenivano, la loro famiglia ancestrale e così scoprì che molti di essi non erano neppure orfani: questi li restituì alle loro famiglie.
Alle fine,il numero dei bimbi veramente soli si era ridotto a poco più di un centinaio.
La collaborazione con suor Christiane è sempre stata ottima. Per la nostra Associazione è sempre stata un punto di riferimento sicuro.
Poi anche lei si è ammalata e ha dovuto partire.

Dopo alterne direzioni non sempre soddisfacenti per noi, finalmente le redini dell'orfanotrofio sono state prese in mano da suor Pascaline, suora congolese che ha veramente a cuore il buon andamento dell'orfanotrofio, ama teneramente tutti i bambini e con cui è bello collaborare.

L'orfanotrofio è come un piccolo villaggio: c'è la sartoria, l'infermeria, il mulino per macinare la manioca, il mais e la soya, il panificio, dove viene fatto il pane per la colazione dei bambini, , la lavanderia (al fiume), le stalle e i pollai con gli animali da cortile, gli orti coltivati da alcuni uomini e donne e la scuola materna a cui fan capo anche i bambini del paese. I bambini più grandi frequentano la scuola del villaggio. I collaboratori, per la maggior parte donne, sono una cinquantina.

Durante le vacanze scolastiche, i bambini più grandi rientrano al loro villaggio d’origine presso zii o nonni. Si mantiene così il legame con la loro famiglia ancestrale. I più piccoli e quelli che non hanno più nessuno restano all’orfanotrofio. Dall’estate 2016 la nostra Associazione organizza una colonia per questi bambini con grandi soddisfazioni di tutti bambini, responsabili dell’orfanotrofio, volontari.. E’ un’esperienza da ripetere, quindi sono benvenuti i giovani che si annunceranno per le prossime colonie.

L'Associazione “Solidarietà con i bambini del Congo RDC” sostiene l'orfanotrofio con le adozioni a distanza: con 50 FRS mensili si assicura a un bambino orfano il vitto, l'alloggio, le cure mediche e la scolarità fino alla sua autosufficienza.

“Ti prendono per mano e ti guidano lungo il sentiero per mostrarti il loro villaggio e per dire a tutti « lei è amica mia ». Quando scende la notte, l’aria e il silenzio si riempiono di canti: « femme noire, femme africaine, oh toi ma mère je pense à toi...». Ma quale donna, quale mamma per questi figli del niente? La loro mamma è una sola, è la stessa, è la mamma di ogni bambino orfano: la Mamma Africa. Cento e più fratelli e sorelle, polvere e stracci e occhi grandi e gioia vera, autentica, immotivata. Sono loro i veri figli dell’Africa, di questo continente troppo grande, di questa terra ricca e insieme dura, schiva, assetata, che dà poco e toglie di più. Il nostro è stato un incontro fuggevole, fatto di occhiate timide e finte distanze, di espressioni interrogative che solo un istante dopo si trasformano in spensieratezza, in affetto sfrontato e allegria smisurata. La mattina in cui abbiamo lasciato l’orfanotrofio di Djuma, salendo sulla piroga che lasciava il villaggio per portarci distante, i bambini ci hanno osservate in silenzio, ammutoliti, senza salutare, senza l’unica loro espressione che avevamo conosciuto : il sorriso. È stato un rimprovero muto, come a dirci: “Sapevamo che sarebbe andata così, che ve ne sareste andate”. Nelle orecchie anche ora resta questo silenzio duro e negli occhi quegli sguardi di bambino ferito ma che non riesce a non volerti bene. Nella testa e nel cuore quelle sue domande alle quali non hai risposta… « Tu pars quand ? » « Demain » « Moi je viens avec toi… à Suisse » Giulia Balestra

immagine suora con bimbi orfani vai alla galleria fotografica Orfanotrofio